Guglielmo Caccia, Bernardino Lanino e Leonardo Da Vinci, andata e ritorno
Guglielmo Caccia, come accertato da fonti documentarie risalenti alla perduta pala di Larizzate del 1596 e poi alla bellissima tavola oggi visibile presso il Museo Borgogna di Vercelli della Madonna col Bambino fra San Michele e Santa Apollonia, a sinistra, e San Bernardino e Santa Margherita a destra; in alto due stemmi della famiglia Volpe, datata 1601, collabora con continuità alla bottega dei Lanino di Vercelli, guidata da Gerolamo e Pietro Francesco rimasti orfani del celebre padre Bernardino dal 1583.
La relazione tra il giovane pittore, vero e proprio astro nascente nel panorama pittorico del Piemonte occidentale e la celebre bottega vercellese inizia sicuramente molto prima e con molta probabilità già nel 1585.
In quell’anno infatti, Giovanni Francesco Biancaro abbandona la bottega di Nizza della Paglia per fare ritorno nella sua città natale di Trino. Il giovane Guglielmo, allievo attento e disciplinato dal 21 ottobre del 1582, precisamente dall’età di 14 anni, dell’esperto artista che oltre ad essere pittore era anche un intagliatore in legno, si ritrova nella difficile situazione di dovere pensare al proprio futuro.
Forse ancora impegnato per alcuni mesi a sbrigare le ultime commesse nella bottega di Nizza e sicuramente ancora vicino al maestro ed alla moglie Bellina a Trino, il ragazzo non ancora diciottenne, ma molto dotato sia tecnicamente che caratterialmente, così umile e devoto alla Madonna, incontra le esigenze dei due figli Lanino a Vercelli.
La bottega condotta da Gerolamo e Pietro Francesco, dalla morte di Bernardino avvenuta nel 1583, deve fare a meno della guida autorevole del padre.
Essi pur avendo a disposizione l’esperienza ed i mezzi tipici di una attività avviata, soprattutto una quantità notevole di bozzetti, disegni e cartoni, oltre ad i contatti che contano nella Vercelli di fine Cinquecento, avvertono la necessità di ritrovare una qualità pittorica, compositiva ed esecutiva, che non facesse ripiangere il pennello del grande Bernardino. Nelle grandi pale d’altare la realizzazione degli sfumati negli incarnati dei visi e nei corpi martoriati dei santi o leggiadri degli angeli, oltre che nella costruzione delle mani con le dita affusolate, erano il vero ostacolo nell’affrontare le nuove committenze che continuavano a fioccare grazie alla grande fama e prestigio della bottega.
Proprio il giovane pittore di Montabone, in seguito agli anni di apprendistato presso il vecchio maestro Biancaro, ha saputo sollecitare il proprio estro personale, riconosciuto enorme e limpido da coloro che hanno avuto l’opportunità di scorgerne le prime avvisaglie. Sorretto da una volontà di ferro e da una devozione assoluta per la Madonna che adorava dipingere, si ritrova ai vertici nella considerazione generale e soprattuto in quella degli addetti ai lavori.
Già dal 1585 comincia infatti a realizzare delle pale che, probabilmente ancora derivanti dalle commissioni ottenute dalla bottega di Nizza grazie alla presenza del Biancaro, mostrano una adesione stilistica e formale completamente differenti. Nascono, le prime opere firmate e datate 1585 da Guglielmo Caccia pittore di Montabone, come le due opere per Guarene, la Annunciazione, ancora vicina al sentire del vecchio maestro e la Madonna con il Bambino con San Michele e San Rocco, che invece rivela una repentina mutazione d’orizzonti in chiave vercellese. Sempre di quel periodo sembra appartenere l’ingenua Madonna con il Bambino, Santa Caterina d’Alessandria e San Giovanni Battista di Calliano.
Le opere sono realizzate sotto l’influenza radicale dei Lanino e probabilmente proprio nella bottega di Vercelli. In questo modo Guglielmo può crescere pittoricamente in tempi rapidi all’interno di una delle botteghe più organizzate ed attrezzate del Piemonte e forse d’Italia ed i due fratelli curare ed osservare da vicino questo giovane artista che con il pennello in mano sembra sapere il fatto suo.
Inizia anche una collaborazione con opere realizzate da contratto a nome di Gerolamo e Pietro Francesco Lanino, a partire dal cantiere della Chiesa di San Michele a Candia che vede la bottega tra il 1586 ed il 1589 realizzare a fresco le decorazioni della Cappella della Annunciazione e nel 1589 consegnare la bellissima tela della Annunciazione, oggi per ragioni di sicurezza conservata nella casa parrocchiale.
Per il pittore di Montabone la decorazione a fresco della cappella rappresenta una novità assoluta e non esita a coglierne la lezione per apprendere ogni risvolto di tale particolare tecnica pittorica. Sembra da individuarsi la presenza al lavoro di Guglielmo in alcuni passaggi relativi alla volta in cui gli angeli, ancora tratti dai cartoni di Bernardino e quindi non riconoscibili come i suoi, si sviluppano festosi. Ad un esame attento altri particolari potrebbero essere assegnatigli anche se la impostazione generale non può essere che quella del capo bottega Pier Francesco Lanino.
Nei confronti della pala della Annunciazione, l’attenzione a questo punto si concentra su alcune teste dipinte e sulla mani che in pittura rappresentano il maggiore ostacolo per molti artisti. A cominciare dai capelli dell’arcangelo con il tono biondo rossiccio ed i riccioli capricciosi che timidamente contornano la fronte e la tempia. I due putti immersi nelle nuvole in basso e le teste degli angeli nella parte superiore, in particolare proprio quello con la tunica rossa, hanno evidentemente la grazia compositiva del giovane Guglielmo. Repertorio stilistico già presente nella pala di Guarene della Madonna con il Bambino, San Michele e San Rocco, proprio nella testa dell’arcangelo e diffusamente nella Madonna con il Bambino, Santa Caterina d’Alessandria e San Giovanni Evangelista di Calliano.
Le mani della Vergine e dell’arcangelo con le dita affusolate e ben delineate, sono dipinte con virtuosismo e sapienza. Chissà quanti bozzetti aveva dovuto disegnare con prove e controprove. Decine, forse centinaia di fogli di preziosa carta utilizzati per impadronirsi della forma giusta, delle proporzioni esatte e della velocità esecutiva.
Guglielmo, che intanto vede spegnersi il proprio primo maestro nel 1588 e frequenta negli stessi anni la bottega a Casale Monferrato del pittore Ambrogio Oliva, di cui arriva nel 1589 a sposarne la figlia Laura, instaura con i Lanino un rapporto molto particolare che lo lega alla bottega per alcuni lavori ben precisi regolati da accordi di volta in volta stipulati, ma che lo lascia libero di affrontare in proprio altri lavori sottoscrivendo contratti unicamente a suo nome.
Il contratto di collaborazione può essere stato siglato tra Guglielmo Caccia e la bottega diretta da Pietro Francesco e Gerolamo Lanino, con la assunzione da parte del giovane pittore della forma giuridica di associato, che lo sottrae sia ai vincoli giuridici dell’alunno che da quelli del dipendente e che prevede una temporalità variabile a seconda della durata dell’impegno.
Il vincolo contrattuale può ritenersi simile a quello probabilmente contratto da Bernardino Lanino giovane nei confronti del grande maestro Gaudenzio Ferrari.
L’attività di pittore nel periodo 1590/1593 lo vede coinvolto soprattutto come frescante con l’impresa grandiosa del Sacro Monte di Crea, che lo rivelerà come grande artista agli occhi di tutti e soprattutto a quelli del Duca Vincenzo I Gonzaga.
Alla fine degli anni ottanta, nel 1589 muore Gerolamo, forse il più dotato pittoricamente dei due fratelli Lanino.
Nel 1593 Guglielmo Caccia viene chiamato a Candia Lomellina per completare l’impianto decorativo della Chiesa di San Michele nella Cappella del Rosario. Questa volta a quattro anni dalla consegna della pala della Annunciazione firmata Lanino, interviene da solo ed oltre ad eseguire gli affreschi della cappella compie altri lavori nel piccolo paese. Oltre ad un affresco di difficile lettura, che rappresenta la Madonna con il Bambino e due angeli che adornava l’antico Ospedale ed oggi è conservato nella sala consigliare del palazzo comunale, Guglielmo probabilmente sempre nello stesso anno realizza un affresco nella piccola Chiesa campestre di Sant’Anna, la Madonna con il Bambino e Sant’Anna.
Interessante è l’approccio del giovane Guglielmo con il tema iconografico legato alla madre di Maria. Nell’affresco coglie le due donne protagoniste pariteticamente della scena, con il piccolo Gesù, al centro, che si contorce per offrire alla nonna un frutto.
Con questo piccolo affresco sperduto nelle campagne della Lomellina, Guglielmo ci rivela l’importanza che ha avuto la frequentazione della bottega vercellese dei Lanino e soprattutto la possibilità di osservare ed utilizzare i preziosi disegni ed i cartoni lasciati in eredità dal grande Bernardino Lanino.
L’elaborazione di Candia, è ancora legata alla rappresentazione del soggetto più che alla tecnica di realizzazione, ma alcune opere che dal 1607 in poi usciranno dal pennello del pittore soprattutto per la devozione privata, in particolare piccole rappresentazioni della Madonna con il Bambino, esprimeranno una visione ed un’attenzione per la pittura classica di gusto rinascimentale che presuppone l’utilizzo dello sfumato ed un’indagine seria ed approfondita basata sulla visione e lo studio di opere ben precise che il giovanissimo pittore di Montabone deve avere avuto modo di osservare con continuità nella frequentazione della bottega laniniana e non solo.
Nel 1609 circa si può datare la Madonna con Il Bambino, Sant’Anna e Santa Margherita del Museo Diocesano di Tortona, opera importante in quanto sembra concentrare la datata lezione di Leonardo con quella più recente di Lanino e con le aggiunte ereditate dalla scuola trinese dei Biancaro, degli Oliva fino su ad Ottaviano Cane.
Con quest’opera magnifica nella sua eleganza pittorica e formale, tanto da potere essere inserita nel tardo Manierismo piemontese, Guglielmo in realtà abbandonerà questo genere di suggestioni per indagare su formule più consoni alla sua natura ed al periodo post tridentino, alla ricerca di una cifra compositiva definitivamente personale.
Rimarranno di queste esperienze la grande capacità di realizzare alcuni particolari, i più difficili in pittura, come la definizione degli incarnati, la forma delle dita delle mani, i paesaggi che squarciano la scena, passando dallo sfumato di stampo leonardesco al patetismo tanto caro a Lanino.
Bernardino Lanino nato a Mortara nel 1512 e scomparso, come già scritto, a Vercelli nel 1583 dopo la morte del suo grande maestro Gaudenzio Ferrari nel 1546, arriva a Milano per colmare il grande vuoto lasciato dal pittore valsesiano.
Proprio nella città lombarda Bernardino ha modo di seguire i grandi pittori del recente passato, primo fra tutti Leonardo da Vinci, il quale diviene con le proprie opere un modello da seguire. In una data non meglio precisata giunge sempre a Milano, Francesco Melzi (1491/1570), allievo di fiducia del maestro fiorentino deceduto a Cloux, l’attuale Clos-Lucè nei pressi di Amboise nel 1519. Il Melzi nel suo ritorno in patria porta con sé una serie di opere lasciate in eredità da Leonardo, dipinti, disegni, cartoni e manoscritti. Bernardino Lanino sicuramente ha occasione di ammirare da vicino quei capolavori del grande pittore rinascimentale e non gli sembra vero tra una commessa e l’altra di potere ricopiare alcuni lavori. Copia dall’osservazione dal vero dell’originale con Sant’Anna, la Madonna ed il Bambino che gioca con l’agnello. Si tratta sicuramente del cartone già presente nella collezione Cséteny di Budapest ed andato perduto durante la seconda guerra mondiale.
Le cronache del tempo riportano addirittura che Bernardino Lanino risulti essere il regolare proprietario di un cartone preparatorio per la tavola con la Sant’Anna di Leonardo oggi al Louvre ed infatti sul dipinto sono state riscontrate tracce di spolvero che fanno presagire la realizzazione di un precedente bozzetto. Altre notizie documentate ancora più significative, riportano la presenza del dipinto su tavola della Sant’Anna, la Madonna con il Bambino che gioca con l’agnello, esattamente il dipinto oggi al Louvre, nella città di Casale Monferrato capitale del Ducato del Monferrato, probabilmente in collezione privata o posizionato per un periodo forse nella Chiesa di Santa Maria di Piazza, dove peraltro era già possibile osservare il polittico di Gaudenzio Ferrari, Madonna con il Bambino tra i Santi Martino e Maurizio del 1530/35, oggi conservato alla Galleria Sabauda di Torino.
Solamente nel 1629 il quadro di Leonardo viene riconosciuto dal Cardinale Armand-Jean du Plessi de Richelieu arrivato a Casale a seguito della Seconda Guerra del Monferrato (1628/1631) e ricondotto in Francia per essere donato nel 1636 a re Luigi XIII. Nel 1801, il dipinto passa dalle collezioni reali al Louvre.
Ricostruendo a ritroso le complicate vicende quindi Bernardino Lanino potrebbe avere ricevuto direttamente da Francesco Melzi ancora in vita, sia il cartone che il dipinto. Se la tavola arriva a Casale e quindi torna in Francia quasi a metà del scolo successivo, il cartone secondo ulteriori documentazioni è registrato nelle collezioni sabaude di Torino sia nell’inventario del 1631 che in quello del 1635 e quindi potrebbe essere andato perduto con l’incendio che distrusse la Grande Galleria Ducale nel 1659.
Alcuni anni dopo intorno al 1660 rimane memoria di un cartone leonardesco con la Sant’Anna collocato a Vercelli con un nucleo di disegni di tipologia gaudenziana. In questo caso si dovrebbe trattare proprio del cartone già presente s Budapest e poi scomparso realizzato inizialmente come copia dell’originale da Bernardino Lanino.
Nel 1565 Bernardino Lanino dipinge per la Confraternita di Sant’Anna a Vercelli uno stendardo, oggi visibile nel Museo Borgogna, al centro del quale siedono la Vergine con il Bambino in piedi sulle ginocchia e Sant’Anna con il capo coperto da un pesante velo, sorpresa nell’atto di accogliere tra le braccia il divino Bambino. Dallo stesso modello l’autore trasse anche un nuovo soggetto per la pala della Confraternita di Sant’Anna di Pezzana, andato disperso, ma di qualità inferiore del primo forse per l’intervento di mani terze.
In ogni caso le due opere rielaborano in chiave vercellese il motivo originale creato da Leonardo da Vinci, come dimostrano altre due opere con la Madonna con il Bambino e Sant’Anna, presenti nella versione a carboncino ed acquerello seppia, tracce di lumeggiatura a biacca e matita della Accademia Albertina di Torino e l’olio su tavola presente presso la Pinacoteca di Brera. In entrambi i casi le opere sembrano da attribuirsi a copie tarde di bottega.
Infine si deve considerare ancora frutto del modello leonardiano la Madonna con il Bambino e Santi realizzata da Bernardino Lanino per la Chiesa di San Marco a Vercelli ed oggi non più rintracciabile.
Leonardo da Vinci realizza quindi i due cartoni con le diverse versione della Sant’Anna, la Madonna con il Bambino ed il Bambino che gioca con l’agnello, piuttosto precocemente nella primavera del 1501 come descritto nella lettera di Pietro da Novellara. Il modello su cartone del dipinto oggi al Louvre precede di pochi giorni quello del cartone oggi alla National Gallery di Londra, al contrario mai tradotto in olio su tavola. Durante la realizzazione dei due cartoni il maestro alloggia presso il complesso servita della Santissima Annunziata e sono frutto di incarico interno a Firenze e non su commissione di re Luigi XII, come lungamente creduto.
Secondo quanto dichiarato dal Vasari l’opera realizzata su cartone ed oggi alla National Gallery di Londra è stata esposta nella stessa primavera 1501 per due giorni al pubblico di visitatori fiorentini. Tra i cittadini di Firenze che hanno visto il cartone di Sant’Anna vi era anche Michelangelo Buonarroti che ne trae ispirazione diretta sia nel disegno dell’Ashmoleum Museum di Oxford e sia nell’opera finita a cui il foglio funge da bozzetto, la Madonna di Bruges. Michelangelo riprende la disposizione asimmetrica delle gambe della Vergine, caratterizzate da un lungo panneggio diagonale che richiama proprio quello della Sant’Anna londinese. Michelangelo infatti ottiene la commissione proprio nel 1501 e compie l’opera in marmo in una data imprecisata prima del 1506.
Leonardo da Vinci, Sant’Anna, la Madonna con il Bambino che gioca con l’agnello
1501 – Cartone preparatorio della tavola ad olio oggi al Louvre.
Già presente nell’inventario del duca di Torino (1631/1635).
Distrutto nell’incendio della Galleria Ducale nel 1659.
Leonardo da Vinci, Sant’Anna, la Madonna con il Bambino che gioca con l’agnello
1501. Cartone preparatorio. National Gallery di Londra.
Bernardino Lanino, Sant’Anna, la Madonna ed il Bambino che gioca con l’agnello
post 1546. Cartone copia da Leonardo già presente a Vercelli nel
1660 poi collezione Cséteny di Budapest.
Opera perduta durante la seconda guerra mondiale.
Bernardino Lanino, Madonna con il Bambino e Sant’Anna
1565 stendardo. Già Confraternita di Sant’Anna Vercelli oggi al Museo Borgogna Vercelli.
Bernardino Lanino, Madonna con il Bambino e Sant’Anna
1565/1570c. Olio su tela per la Confraternita di Sant’Anna di Pezzana VC. Opera perduta.
Bernardino Lanino e/o bottega, Madonna con il Bambino e Sant’Anna
Carboncino ed acquerello seppia, matita e biacca.
Accademia Albertina di Torino.
Bernardino Lanino e/o bottega, Madonna con il Bambino e Sant’Anna
Olio su tavola. Pinacoteca di Brera Milano.
Bernardino Lanino, Madonna con Bambino e Santi (da modello leonardiano)
Olio su tela? Già chiesa di San Marco a Vercelli. Opera perduta.
Michelangelo Buonarroti, Madonna di Bruges
1501/1506c. Disegno a matita preparatorio.
Ashmoleum Museum di Oxford
Michelangelo Buonarroti, Madonna di Bruges
1501/1506c. Scultura in marmo. Chiesa di Nostra Signora di Bruges
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