Pantaleo e la Regina delle Valli di Lanzo

Pantaleo e la Regina delle Valli di Lanzo

Già nel 1440 Pantaleone, di famiglia antica e di cerusici, aveva avuto incarico dal Duca Ludovico di Savoia presso la Corte di Vercelli. Aveva studiato all’Università e fu docente di medicina presso lo Studio (così si chiamava l’Università) di Pavia nei cui atti relativi al 1492 compare come Pantaleo Conflentia.

Il medico de Confluentia ebbe un duplice ruolo alla Corte sabauda e doppio appannaggio: archiatra e consigliere per 200 fiorini ciascun ruolo. Non era del resto cosa facile, nel XV secolo, trovare un buon medico e la responsabilità della salute di un Principe era un servizio di gran pregio ma anche gravoso.

Viaggiò molto il dottore e soggiornò a lungo a Parigi al seguito del Duca Ludovico di Savoia e proseguì il suo incarico alla corte del Duca e futuro beato Amedeo IX e della moglie Jolanda di Valois seguendoli a Moncrivello e Vercelli. Successivamente fu al servizio di Bianca di Monferrato Duchessa di Savoia, reggente durante la minorità di Carlo Giovanni Amedeo ed infine anche al servizio di Guglielmo VIII, Marchese del Monferrato come attesta una lettera del 1478. Proprio con Filiberto I, il dottor Pantaleo ebbe la possibilità di occuparsi sì di medicina ma non solo quella da “ambulatorio”, bensì anche quella della ricerca scientifica e delle pubblicazioni.

È infatti in quel periodo che favorì l’introduzione dell’arte tipografica in Piemonte, incoraggiando l’iniziativa di Jean Fabre di Langres e Giovanni di Pietro ai quali assicurò l’appoggio e la protezione di Filiberto. Tra le opere scientifiche degne di nota e da lui firmate, ne ricordiamo una assai curiosa e autorevole, del 1477: Summa lacticiniorum, sive Tractatus varii de butyro, de caseorum variarum gentium differentia et facultate. Uscì in tre edizioni fortunatissime e in buona tiratura per essere un trattato scientifico. Tre libri, in cui l’autore trattò i vari tipi di latte che si possono ottenere a seconda dei pascoli, delle stagioni e delle razze bovine e definì l’arte di preparare il Vallis Lancii circumstantium caseus, la toma di Lanzo. Illustrando i diversi procedimenti usati per la coagulazione del latte e le differenti tecniche di caseificazione, enumerò, dividendoli per nazioni e per regioni, gli svariati tipi di formaggi esistenti in quel tempo, analizzandone le caratteristiche, i pregi e i difetti, sia di conservazione sia di contenuto nutritivo e concluse con osservazioni mediche sui regimi alimentari caseari.

Il formaggio in genere, per tutto il Medio Evo, era cibo dei poveri, se pur di difficile digestione, mentre i ricchi prediligevano selvaggina e piatti più raffinati; eppure, presto, la toma di Lanzo conquistò i palati delle corti tanto da diventare un alimento ampiamente diffuso e amato tanto da arrivare, ad inizio ‘900, a New York.

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